AD UN PASSO DAL CUORE....




Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili,

se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente.

Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido

 

Leggi "Chi siamo", "La storia dell'Associazione" e "Le nostre Missioni"

Lettera del Superiore Generale Fr. Meneghini

 

Un bimbo al mattino andava sulla spiaggia a ributtare le stelle marine che erano portate in secca dalle onde.

Quando qualcuno lo vide, gli disse che tale lavoro era completamente inutile, perchè egli non sarebbe mai riuscito a ributtare in mare tutte le migliaia di stelle, che si trovavano sul bagnasciuga.

Il bambino con calma guardò la stella che aveva ancora in mano, la buttò in acqua e poi rispose:

"per questa stella sicuramente non è stato inutile".

Chiunque abbia voglia di aiutarci in questo intento, fosse anche per salvare una sola stella... non sarà stato invano. Grazie.

Nadia Monari - Infermiera volontaria

 

 

 

 

Carissimi amici e lettori del blog,
oggi è per me una giornata di grandissima gioia in quanto è finalmente uscito il libro su Chaaria.
Gli estremi del libro sono:

Beppe Gaido
Mariapia Bonanate


AD UN PASSO DAL CUORE


Editrice San Paolo

 

E' acquistabile online presso www.libreriadelsanto.it e in tutte le più importanti librerie online (Hoepli, Mondadori, Ibs, Amazon, ecc.). Naturalmente disponibile anche in tutte le librerie cattoliche, prima di tutto presso le Edizioni Paoline.

I diritti d'autore miei e di Mariapia Bonanate saranno completamente devoluti a favore della costruzione della nuova maternità di Chaaria.

Vi chiedo umilmente di far pubblicità anche con i vostri amici di facebook o della vostra mail list  in modo che il libro possa avere una buona diffusione. Questo non solo a motivo dei fondi che potremo raccogliere per la nuova maternità, ma anche per far conoscere a tanti il nostro sogno per Chaaria che ogni giorno cerchiamo di tener vivo e di far crescere.

Vi ringrazio anticipatamente.

Sono evidentemente molto emozionato ed un tantino commosso, perchè questo è il mio primo libro.

Desidero prima di tutto ringraziare il Signore che ha permesso di arrivare all'importante tappa della pubblicazione del libro, nonostante le inevitabili difficoltà ed il lungo lavoro iniziato nel 2009.

La mia infinita riconoscenza va poi a Mariapia Bonanate che ha creduto in me ed ha investito molto per questo libro.

Un grazie non meno sentito va a Miriam Carraretto con cui ho lavorato gomito a gomito (pur essendo in continenti diversi) per la correzione delle bozze e per i contenuti dell'opera.

Un sincero ringraziamento va quindi ai Superiori della Piccola Casa per il sostegno e per l'incoraggiamento.

 

 

Fr Beppe Gaido

Chaaria Mission Hospital - Kenya

Nuovo Blog... (dom, 23 giu 2019)
Sono sentimenti contrastanti di tristezza e di grosso affetto per i lettori quelli che provo in questo momento. Questo è infatti il post di addio al blog che dal 2007 è stato il mio compagno di viaggio a Chaaria, la mia coperta di Linus, il mio diario. Nadia è stata il mio "calamaio" (come lei ama definirsi), ma soprattutto la mia fedelissima amica che con fedeltà ha quotidianamente pubblicato i miei post, che negli anni ci hanno permesso di diventare una grande famiglia.  Non ho parole adeguate per ringraziare Nadia per il grande lavoro portato avanti per me, con me e per Chaaria. Solo Dio la può ricompensare. Il blog ci ha permesso di condividere gioie e dolori, sogni e delusioni che hanno costellato il cammino del crescente ospedale di Chaaria. La vita poi riserva sempre delle sorprese.  Io non mi aspettavo di lasciare Chaaria e quindi non credevo che si sarebbe arrivati ad un ultimo post per questo prezioso blog. Eppure le cose capitano ed io voglio credere che tutto questo abbia un senso sia per me che per Chaaria. Si dice sempre che, quando Dio chiude una porta, poi spalanca un portone. Grazie a tutti i lettori che ci hanno seguiti su questo blog, che rimarrà comunque online, come un primo volume consultabile ancora da tutti. Dopo questo ultimo post i lettori potranno continuare a leggermi nel nuovo blog che Nadia ha apprestato, con rinnovato impegno e con tanto affetto per me e per tutti i lettori. Sarà il secondo volume. Il nuovo blog sarà consultabile a http://beppegaido.blogspot.com Racconterà questa nuova fase della mia vita in cui il Signore mi affida una nuova missione da compiere. Scriverò ancora quelle storie che vi hanno affascinato e commosso e vi propongo che saranno sempre storie assolutamente vere. Presto comunicherò anche il nome del nuovo ospedale in cui sarò chiamato ad operare, non appena sarà tutto chiaro anche per me Continuate a leggermi, a sostenermi ed a pregare per me. Fr Beppe Gaido
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Ricordando... (Wed, 12 Jun 2019)
Sono un religioso del Cottolengo di Torino dal 1981. Dal 1991 sono anche medico ed in seguito mi sono specializzato in Medicina Tropicale ed Igiene. Dal 1997 sono stato inviato in Africa dalla mia Congregazione, dapprima in Tanzania e poi in Kenya, a Chaaria, un piccolissimo villaggio della zona di Meru. Quando arrivai la zona non aveva servizi sanitari, non aveva strade, elettricità o acqua potabile. Iniziai la mia opera in un piccolo dispensario che non aveva neppure una barella su cui visitare i pazienti, per non parlare di posti letto. Iniziai in punta di piedi e senza alcun piano preordinato di fondare un ospedale. Ma il Tam Tam africano fu velocissimo a far sì che moltissimi nei villaggi venissero a conoscenza del fatto che a Chaaria era arrivato un medico, per di più un medico bianco. Fiumane di gente presero ad assalire letteralmente il piccolo dispensario, e quando dicevamo che non avevamo posto, loro non se ne andavano ed aspettavano fuori del cancello. Se dicevamo che non c’era la maternità, le donne attendevano al cancello e spesso partorivano sulla nuda terra, obbligandoci poi a soccorrerle nel dopo parto. Fu così che la gente pian piano mi ha obbligato ad imparare aspetti sempre nuovi della medicina: da infettivologo sono diventato ostetrico e ginecologo, poi chirurgo generale e poi ancora ortopedico. Non c’erano altri ospedali e, se non provavamo noi ad aiutare questa gente, sarebbe certamente morta senza alcun aiuto. I volontari dall’Europa mi aiutarono ad imparare… ero come un eterno studente, come una spugna che si impregnava di nuove conoscenze per poter poi aiutare sempre di più. La mia filosofia di fondo è sempre stata quella di non dire mai di no a nessuno, soprattutto di non mandare mai via un povero. I benefattori ci hanno aiutato a costruire e da quell’umile dispensario siamo arrivati ad un ospedale plurispecialistico che ha un giro di pazienti di oltre 65.000 ogni anno, (queste storie sono raccontate anche in due libri da me scritti e che trova anche online: per esempio su amazon, mondadori, Feltrinelli. BEPPE GAIDO CON MARIAPIA BONANATE. AD UN PASSO DAL CUORE. EDIZIONI SAN PAOLO. 2013. BEPPE GAIDO, MARIAPIA BONANATE. POLVERE ROSSA. EDIZIONI SAN PAOLO 2015) Fr Beppe
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Carissimi lettori... (Mon, 10 Jun 2019)
Carissimi lettori non abbandonatemi. Continuate a leggere.  Sono in Italia ma ho intenzione di riprendere a scrivere al piu presto.  La mia famiglia ed i miei amici mi stanno coccolando un po'.  Spero di tornare al meglio in tempi brevi. Nel frattempo faccio anche un po di attivita' esterne ed incontri sia in Piemonte che in altre parti d'Italia. Fr Beppe
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La mia Africa (Fri, 07 Jun 2019)
Sarei tornata a Chaaria entro la fine dell'anno... finalmente pensavo, ho la possibilità di tornare a percorrere quelle strade di polvere rossa che mi hanno stregato assieme ai tramonti e alle albe africane di ineguagliabile bellezza, e assieme  a quei sorrisi dei bimbi, che mi hanno salvato, molti anni fa....si ho scritto bene non mi sono sbagliata, loro hanno salvato me, non io loro... Per dodici anni, ho rappresentato la penna ed il calamaio di Fr. Beppe, un pò silenziosa, quasi  invisibile, poco propensa nell'apparire, ma sempre presente con costanza  nel tenere stretta tra le mani la corda che virtualmente unisce latitudini diverse. L'amore vince sempre, anche quando perde.  L'amore per chi è credente, si intreccia alla figura di un Dio e alla solidarietà degli uomini, che sono e restano tali e pertanto vulnerabili e imperfetti... e nella loro imperfezione, sbagliano e producono effetti, talvolta devastanti. Non spetta a me dare giudizi, esprimere opinioni, emettere sentenze.  Ma credo, dopo dodici anni in cui ho rivestito il ruolo di infermiera volontaria, di blogger, di sostenitrice e di amica, di avere il diritto di scrivere io stessa questa volta, di mio pugno, ed esprimere la mia  profonda delusione e l'amara tristezza di fronte ad una imposizione che non condivido, fatta da uomini, nei confronti di un medico, un uomo, un fratello. Chaaria resterà senza colui che l'ha trasformata in ciò che è; certamente è stato possibile con l'aiuto di tutti (Piccola Casa, volontari, donatori, ecc.) ma Chaaria è sbocciata grazie ad un'animo pieno di amore per i poveri, ai quali ha dedicato la sua esistenza.  Non ci sono eroi, non ci sono vincitori e vinti. Ci sono e ci saranno, solo persone povere che hanno bisogno di aiuto e di cure. L'umiltà con cui ci si dovrebbe rivolgere al prossimo è la sola cosa per cui valga la pena considerare l'ipotesi, che le cose dovevano andare così perchè c'è un disegno ancora sconosciuto e che si andrà a realizzare, per il bene di altri popoli. Ma intanto oggi, con il cuore tra le mani, vorrei ringraziare con sincera commozione, tutti i lettori che ci hanno seguito e che ogni sera, hanno aspettato di leggere attraverso questo calamaio virtuale, l'eco di quanto stava accadendo in quell'angolo sperduto del mondo, dove regna la povertà e la morte e allo stesso tempo, inspiegabilmente coesistono, la ricchezza d'animo e l'amore per la vita. Asante sana (grazie tanto, in lingua swahili) Nadia Monari ***** Dedico a tutti voi una poesia che ho scritto l'ultima volta che sono stata a Chaaria, ricordando anche il mio primo viaggio, molti anni fa, in cui ebbi la fortuna di visitare il lago Nakuru popolato dai fenicotteri rosa. Perla nera Mi siedo sul greto del lago e osservo l’acqua che scorre. I miei pensieri veloci seguono le correnti che, incessanti e fugaci portano lontano, oltre il filo spinato del tempo e dei ricordi. Non è colpa dell’acqua se pian piano si infiltra nella roccia e la spacca. L’ombra di un baobab mi protegge, mentre un volo di fenicotteri  risveglia in me questa voglia di fuggire per salvarmi. Le acque del lago si tingono di rosa e si accende il contrasto con il blu del cielo, che nasconde le stelle, che pur se presenti, nessuno potrà vedere fino a notte. Le mie dita raccolgono terra rossa che stringo chiudendo il pugno, mentre piedi scalzi sconosciuti, si avvicinano per regalarmi un sorriso che si confonde con la bellezza del lago. In un solo istante quella perla nera raccolta precocemente, mostra l’immensità dell’amore e riesce ad accendere tutte le stelle nascoste; mentre un flebile vento caldo accarezza i nostri corpi, tutto intorno si ferma, persino i fenicotteri smettono di volare e tornano a posarsi sulle acque del lago. Chiudo gli occhi e odo il pianto stridulo di bimbi e il suono di un tonfo sordo: è l’impatto di un corpicino, con la nuda terra uguale a quella che stò stringendo tra le dita. Apro il pugno, la terra rossa cade disperdendosi come polvere cosmica, residua dalla coda di una cometa che nella notte di Natale, non ha mai dimenticato di sovrastare la sua Africa. E l’Africa, non tradirà mai quella terra rossa, né tutte le perle nere che essa contiene. Nadia Monari
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Nonnine di Chaaria (Thu, 06 Jun 2019)

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Dignita' e pazienza dei malati in Africa (Wed, 05 Jun 2019)

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Affetto e sostegno (Mon, 03 Jun 2019)
Quello che mi porto via dalla Polonia e' un grande affetto, tanta stima da parte di coloro che sono venuti a Chaaria ed il desiderio di continuare a collaborare laddove il Signore vorra'.  L'incontro in Polonia l'ho voluto fortemente soprattutto per ringraziare del grande aiuto ricevuto a Chaaria.  Abbiamo vissuto insieme anche una bella messa (ovviamente in Polacco e non ci ho capito niente), ed abbiamo chiesto il dono dello Spirito Santo.  Il gruppo polacco e' piccolissimo ma e' motivato e crede nel servizio incondizionato ai poveri...proprio come tutti noi. Fr Beppe
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In Polonia... (Sun, 02 Jun 2019)
Incontro con i volontari polacchi a Cracovia. Bellissima accoglienza e tanto affetto.
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In aeroporto... (Sat, 01 Jun 2019)
Mi lascio Chaaria alle spalle. Ripenso ai 21 anni di lavoro, di sogni, di impegno incondizionato, di successi e di sconfitte.  Ripenso al primo giorno di lavoro in cui chiesi una barella su cui visitare ed invece mi diedero una sedia dicendo di non avere altro.  Ripenso alla fila di pazienti visitati in piedi al mio arrivo. Ricordo la clorochina data a tutti e per qualunque cosa perche' non avevamo altro. Ricordo la moria dei bambini con 4 grammi di emoglobina, a cui davamo sciroppo di ferro solfato perche' non potevamo trasfondere...e quanti ne vedevamo morire ogni giorno!!! Ripenso a quando dicevo alle gravide che non avevamo la maternita' e che dovevano andare altrove...ma loro non si spostavano e partorivano al cancello obbligandoci poi ad un veloce pronto soccorso post partum. E poi l'AIDS...che disastro quando sono arrivato! Lo potevi solo postulare dai sintomi. Non avevamo test e non avevamo terapia.  E poi, grazie al Progetto Esther dell'Amedeo di Savoiadi Torino, abbiam potuto fare il test HIV e scoprire una vera pandemia. Siamo poi stati i primi in tutto il Meru a poter offrire la terapia antiretrovirale, sempre grazie al progetto Esther. Non avevamo terapia antitubercolare, non potevamo aiutare il paziente chirurgico. Quanta strada e' stata fatta! Che passi da gigante nel servizio al malato! Tanti anni fa ascoltai una conferenza in cui si parlava di SPIRITUALITA' MIGRATORIA. Sostanzialmente si diceva che bisogna essere pronti a migrare altrove quando i nostri servizi non sono piu' necessari in un posto.  Migrando si offrono i servizi ad altri poveri che potrebbero averne ancor piu' bisogno. Il mio cuore sanguina ma accetto di migrare e di lasciare che Chaaria cammini con le proprie gambe e senza il mio sostegno. Fr Beppe
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Marito e moglie (Fri, 31 May 2019)
Ieri sono arrivati in ospedale con bruttissime fratture causate da un incidente stradale. Oggi sono sistemati e stanno muovendo i primi passi con le stampelle. Sono i miei ultimi due pazienti ortopedici di Chaaria. Domattina parto da Chaaria e saro' in Italia. Non mi muovero' tanto e non vedro' molta gente. Serviro' ancora i poveri dove Dio mi indichera'. Chiedo le preghiere dei lettori. Quello che ho fatto a Chaaria lo affido al Signore. Per gli sbagli che ho fatto chiedo perdono a Dio. Spero che i poveri che ho servito, aiutato ed anche salvato ora siano i miei intercessori e mi aiutino. E' stato un onore per me lavorare a Chaaria e per Chaaria. Fr Beppe
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Abbandonata in ospedale (Thu, 30 May 2019)
E' leggermente debole mentale. Ce l'hanno portata quasi un mese fa con contrazioni pretermine ad otto mesi di gravidanza.  Poi sono spariti tutti e non si sono piu' fatti vedere. Lei e' una ragazza piccolissima, di circa un metro e dieci di altezza, con bacino osseo troppo stretto per un parto naturale. Oggi e' andata in travaglio e quasi subito ha complicato con meconio e distress fetale. Lei e' minorenne e non avevamo nessuno a cui chiedere di firmare il consenso informato. L'ho fatto io perche' temevo per la salute del piccolo. La ragazza e' stata brava anche per la spinale, ed il cesareo e' andato bene. Nonostante segni di iniziale sofferenza, il piccolo si e' ripreso prontamente ed ha pianto. Insomma tutto e' andato per il meglio, a parte il fatto che mamma e bambino sono ora abbandonati in ospedale. fr Beppe
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Portare i servizi vicino alla gente (Tue, 28 May 2019)
Un amico ortopedico del Ghana era oggi in ospedale per salutarmi. Lui lavora nel piu' importante ospedale del Ghana dove ci sono vari reparti ortopedici. Ha grandemente elogiato quello che noi facciamo per la gente nel campo della ortopedia e traumatologia, asserendo che non e' molto lontano da quello che fanno loro con tutte le attrezzature a disposizione. La differenza e' che noi costiamo pochissimo, mentre nelle grandi strutture universitarie sia in Ghana che in Kenya, i prezzi sono molto alti ed inavvicinabili per un'ampia fascia della popolazione. Augustine mi ha detto: "se non faceste voi certi interventi, certamente molta gente non potrebbe farsi operare sia perche' Nairobi e' molto lontana e sia soprattutto perche' i prezzi sarebbero impossibili per molti". "Quanta gente rimarrebbe storpia senza di voi!" "Rendere accessibile la chirurgia ortopedica a chi non se la potrebbe permettere e soprattutto portarla vicina ai loro villaggi" e' certamente un fatto che vi fa grandissimo onore" ha poi concluso il collega che giovedi ritorna in Ghana. Fr Beppe
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I miei scheletri nell'armadio (Mon, 27 May 2019)
Da un po’ di tempo sono tormentato da alcune mie sconfitte e da certi errori fatti nella mia pratica clinica. Sono certo di non essere l’unico medico che e’ perseguitato dai suoi sensi di colpa, dai suoi rimpianti per cio’ che avrebbe dovuto fare diversamente quando qualcosa non e’ andato bene, per cio’ che avrebbe dovuto fare meglio e per le volte in cui astenersi sarebbe stata la scelta migliore. E’ molto raro per me provare disagio per qualcosa che avrei dovuto fare ed invece non ho fatto, perche’ in genere mi butto a capofitto e provo sempre a fare del mio meglio. Certo, questa certezza della mia retta intenzione mi lascia tranquillo davanti a Dio: davvero ce la metto tutta e davvero cerco sempre il bene del paziente. La maggior parte delle volte va tutto bene, e dei successi ce ne dimentichiamo molto in fretta. Alle volte invece le cose non vanno per il verso giusto, e questi insuccessi non riesci a dimenticarli; ti rincorrono per mesi ed anni, disturbano le tue notti con incubi o con l’insonnia, rischiano anche di bloccarti e di farti cadere nella tentazione del “non fare pur di non sbagliare”. Da un po’ di tempo ho questi scheletri nell’armadio chef anno capolino e mi fanno star male. E’ vero che piu’ si fa e piu’ ci sono complicazioni. E’ vero il proverbio che dice che solo chi mangia pane, poi fa le briciole. Devo accettare la sconfitta ed anche il fatto di non essere perfetto: tutti sbagliano e nessuno se ne puo’ ritenere immune. Cerco di convivere con sbagli, sconfitte e sensi di colpa e di non farmi scoraggiare nel mio cammino di dedizione agli altri. Fr Beppe
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Con il tuo agocannula in mano (Sun, 26 May 2019)
Normalmente te lo portano quando e’ gia’ stato bucato da tutte le parti. Tu sei l’ultima spiaggia, e lo sai. Questo non aiuta, perche’ aumenta la tensione emotiva e la percentuale di errore. Il bimbo e’ quasi sempre gravissimo, o per una malaria estrema, o per una anemia paurosa. Sei ben conscio del fatto che i farmaci o la trasfusione sono gia’ tutti pronti, ma non potranno essere utili al piccolo, se tu fallisci. Sistemi il bimbo sulla barella, con la sua testa verso di te. Ti siedi e ti concentri, come un pugile al proprio angolo del ring prima che inizi l’incontro. Le condizioni sono di norma gravissime ed il respiro quasi sempre e’ pauroso. Pieghi la testa del tuo paziente su un lato, e gli fai estendere un po’ il collo. A questo punto te la vedi davanti: danza sotto i tuoi occhi beffarda, al ritmo del battito cardiaco impazzito del povero piccolo morente. La scorgi chiaramente solo quando il malato espira o tenta di piangere; mentre sparisce minacciosamente quando c’e’ l’inspirazione. Sei pronto con il tuo ago cannula tra le dita, e spii il momento giusto per affondarlo, come un cecchino appostato e pronto a sparare. Devi riuscire a bucarla, in quelle frazioni di secondo in cui e’ visibile. E’ un fatto di concentrazione e di riflessi… ed e’ spesso anche una lotta contro il tempo. Quando hai infilato la cannula, e vedi un po’ di sangue risalire in essa estraendo il mandrino, allora hai la percezione che forse salverai la vita del malcapitato. Ti affretti a mettere cerotti per non perdere il traguardo raggiunto. Ma se la vena gonfia, sei ben cosciente del fatto che hai un’altra “pallottola” soltanto… perche’ le giugulari sono solo due, e per noi esse sono davvero l’ultima spiaggia. Ripeti l’operazione, normalmente in modo piu’ nervoso, dall’altro lato del collo… ed ancora speri di riuscirci velocemente… se no, lo sai che il bambino morira’ per causa tua. La mamma poi e’ in piedi vicino a te. Si contorce di dolore ogni volta  che buchi la sua creatura, come se la cannula entrasse direttamente nel suo cuore. Spesso puo’ anche svenire! E tutto questo e’ sulle tue spalle: la vita del piccolo e’ appesa ad una vena, o forse meglio… e’ appesa ad un ago… e questo ago in mano ce l’hai tu. Fr. Beppe Gaido
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Guardare a chi sta peggio (Sun, 26 May 2019)
Quando nella vita attraversiamo un momento difficile e buio, pensiamo di essere le persone piu' sfortunate di tutto l'universo. In genere in quei periodi le parole di conforto e di incoraggiamento non servono un granche'...danno anzi fastidio. Quello che a me fa sempre del bene invece e' pensare a quelli che stanno peggio di me, che hanno meno di me, che soffrono di piu'. Oggi per esempio e' stata la solita giornata difficile e caotica, piena di fratture di ogni tipo, di interventi vari e spesso difficili, di cesarei e di molti pazienti ambulatoriali: tutti erano in condizioni peggiori delle mie ed avevano bisogno del mio aiuto, e tutti inconsciamente mi incitavano a farmi forza, perche' io stavo certamente meglio di loro. Ma la persona che mi ha veramente fatto fare il giro di boa e che mi ha spinto a pensare che non mi devo lamentare della mia vita, della mia sofferenza e della mia situazione, e' stata una povera ragazzina di 18 anni a cui ho fatto una colonscopia. Per strani motivi di congestione e di superlavoro  tipici di Chaaria, la paziente ha dovuto attendere fin dopo le 19 per il fastidioso esame diagnostico. Considerando la sua eta', non mi sarei mai aspettato di trovare quello che ho visto: un tumore maligno avanzatissimo ad appena 3 cm al di sopra dell'ano. Una massa inquietante, facilmente sanguinante e ormai causa di una quasi totale occlusione intestinale. Ho fatto le biopsie, ma so gia' che saranno positive. L'intervento che si dovra’ fare sara' tremendo, lungo e destruente, e la poveretta, se non morira' per metastasi gia' presenti in altri organi vitali, avere una colostomia permanente per tutta la vita che le rimarra'...ed ha solo 18 anni! Davanti a questa ragazza, come anche di fronte ad altri pazienti gravissimi di oggi, inchino la testa alla imperscrutabile volonta' di Dio, spesso cosi' difficile da comprendere. Davanti a lei dico a me stesso che non ho il diritto di sentirmi il piu' sfortunato dell'universo, anche se il mio cuore piange. Prego per lei: una preghiera senza parole, una preghiera che non capisce e che prova tanto dispiacere per lei. Fr. Beppe Gaido
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Le classi del giovedì (Fri, 24 May 2019)
Oggi abbiamo avuto una partecipazione davvero sentita alla lezione che ho presentato e che era stata per me preparata dalla Dr.ssa Nadia Chiapello. Era venerdì in forma eccezionale, in quanto ieri abbiamo  avuto un imprevisto, ma giovedì è tradizionalmente la nostra mattinata formativa. È stata una lezione davvero molto educativa e interessante che ha attirato l'attenzione di tutti. Grazie di cuore alla Dottoressa Chiapello che  per oltre 15 anni mi ha sostenuto nel non facile compito di presentare una lezione per lo staff tutte le settimane. La formazione professionale per lo staff è stata sempre un mio chiodo in testa, e sono felice di essere stato capace di portarla avanti con assoluta costanza fino ad oggi. Grazie anche a tutti i volontari che di tanto in tanto hanno presentato argomenti al posto mio o mi hanno preparato presentazioni in power point. Grazie allo staff di Chaaria e di DREAM che ha voltuto collaborare a questa importante attività dell'ospedale. Spero davvero che il futuro mi dia ancora la possibilità di mantenere gli incontri di formazione medica. Fr. Beppe Gaido
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Derick (Thu, 23 May 2019)
This young man was involved in a road traffic accident. He was walking on the road side when he has been hit by a passing car. The accident was very serious and caused him to get 3 different fractures, at both legs and at the left arm. It has been hard for him to find help due to his lack of money. He was taken to a public hospital where he was just put Thomson splints for the legs, and a carton back slab for the arm. He was not able to afford the money requested for buying the orthopedic implants, for the operations and for the surgeon's fee. Because of that he could not be put in the operation list. He was there in a bed, unable to move, full of pain, not capable to pay, and totally desperate. Somebody told him about Chaaria and the free Sign implants we give to patients. He requested for discharge and started his journey-of-hope to our rural hospital. He came on Sunday night, escorted by the relatives. Travelling to Chaaria on public means and on our difficult roads has been something he will never forget, due to the pain he experienced any time the car was hitting a bump or falling in a ditch. In spite of coming from another hospital, he was in his home clothes; he was dirty and full of urine: in fact it was practically impossible for him to move and to go to toilet. I believe that the first comfort for Derick has been to have a bath and to feel clean, soon after reaching Chaaria. The other consolation for him has been to be able to sleep, due to our pain killers and a small dose of sedation. On Monday morning at 8 am he was already in theater and by noon the 3 fractures were already operated successfully. We had no issues of money with him because we do not charge the implants we freely receive from Sign. Now Derick is happy. He is quickly recovering and he is already able to stand and walk, in spite of some difficulties in using the crutches, due to the humerus fracture. He will be discharged tomorrow or the day after, and he will go back to his family (wife and 2 children). He will be soon able to work again in his small business of selling vegetables in a public market. Thanks a lot to the Sign Family for allowing us to do wonders for our patients and above all for the poor who could not afford any other orthopedic surgery. Bro Beppe
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Caso tipicamente africano (Wed, 22 May 2019)
Me lo hanno presentato in sala come un paziente che aveva un corpo estraneo da togliere. Onestamente pensavo alla solita spina di un rovo, o ad un pezzo di legno. Invece la lastra mi ha sorpreso non poco. Non e' assolutamente la prima volta che ci capita, ma certo fa sempre una certa impressione vedere una freccia ritenuta nei tessuti di una persona. Naturalmente il paziente asserisce di essere assolutamente innocente e di non sapere perche' qualcuno lo abbia assalito con arco e frecce. E' strano che a Chaaria vengono sempre e solo i buoni, anche quando si tratta di ferite da machete, da arma da fuoco o da...freccia. Chissa' in che ospedale vanno i cattivi!!! L'estrazione comunque non e' stata difficile, e, per pura fortuna del paziente, la freccia non ha raggiunto l'arteria femorale. Fr Beppe
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Drammi del nostro ospedale (Tue, 21 May 2019)
Alle 19.30 metto il gesso ad un paziente che avevamo suturato dopo un brutto taglio al piede che aveva segato pure tendini ed ossa. Vengo chiamato in sala parto per una emorragia post partum. La donna ha appena partorito. Il sanguinamento è profuso ma l’utero è ben contratto. Penso quindi ad una lacerazione cervicale da suturare ma la portio uterina non presenta danni importanti. Il sangue viene da dentro l’utero stesso. Alla visita estraggo alcuni frammenti di membrane e penso che questa sia la causa dell’emorragia. Mi appresto quindi a preparare una revisione uterina urgente: chiamo il ginecologo, avviso Jesse e dico a Kanana di preparare il campo.  La donna continua a ripeterci di essere molto assetata, segno che la sua volemia è bassa. L’emoglobina è inferiore ai 4 grammi. Mentre Massimo, Kanana e Jesse si occupano del raschiamento, in laboratorio io seguo la determinazione del gruppo e delle prove crociate. Di sangue in emoteca ce n’è una sacca sola, e certo questa non basterà.  La mamma è di gruppo 0 positivo, e c’è solo Fr Giancarlo a cui posso chiedere aiuto con una donazione urgente. Io infatti ho un gruppo differente. Dopo il raschiamento comunque il sanguinamento continua ed è giocoforza per Massimo fare un tamponamento endouterino con garza. Nel frattempo facciamo dosi importanti di oxitocina per aumentare la contrazione uterina; infondiamo liquidi alla donna per tenere su la pressione, le pratichiamo acido tranexamico e vitamina K per migliorare la coagulazione. Il sangue dal laboratorio arriva a tempo di record, e trasfondiamo velocemente due sacche. Le condizioni della donna deteriorano però velocemente, ed in una modalità che non collima con la quantità di sangue che vedo sul pavimento e sul lettino da parto.  Non credo di vedere più di un litro e mezzo di perdite esterne, ed inoltre stiamo trasfondendo; la donna però sviluppa “gasping”, la pressione arteriosa precipita e diventa imprendibile, e la saturazione è di 66% nonostante l’ossigeno che le somministriamo a go go. L’utero si contrae bene con la terapia, ma le perdite ematiche, seppur ridotte al minimo, non si fermano del tutto. Con sorpresa guardiamo le braccia della malata e notiamo che i buchi lasciati dalle cannule nei posti in cui invano cercavamo una vena prima di reperire finalmente la giugulare, continuano a sanguinare mezz’ora dopo il nostro tentativo fallito di assicurarci un accesso. Il quadro clinico sembra diventare più chiaro: l’emorragia post-partum non è il solo evento contro cui stiamo lottando.  Molto probabilmente si è instaurata una CID (coagulazione intravascolare disseminata). Il sanguinamente in questa donna è verosimilmente ovunque, e non solo dal canale del parto: ecco perchè le perdite esterne non collimano con le sue condizioni generali estremamente scadenti. La CID è una condizione difficilissima da controllare anche in Italia, e certamente richiede il trasporto in unità di terapia intensiva. Comunque non ci arrendiamo e continuiamo la rianimazione; ma, proprio quando ci pare che il respiro sia più regolare, e la saturazione raggiunge in effetti il 97%, la mamma cessa di respirare. Ci era anche passato per la testa di poter tentare un’ isterectomia d’urgenza, ma la donna non ce ne ha dato il tempo; inoltre, tentare un intervento in quelle condizioni e senza una rianimazione, sarebbe stato forse temerario. Sto ascoltando i polmoni della donna mentre lei esala l’ultimo respiro; la sto guardando negli occhi spenti.  La lunghezza dello stetoscopio mi obbliga ad una distanza ravvicinata da quel volto sfinito. Vedo in faccia la morte mentre si impadronisce di quella mamma, la avvolge e la porta via senza che lei abbia la forza nemmeno di un ultimo respirone forte.  Semplicemente la respirazione si ferma di botto, senza un tremito del corpo, mentre ancora il fonendoscopio è sul torace. Lo sposto un attimino e lo dirigo sul cuore, ma anch’esso si è fermato per sempre. Mi sento come se avessi tentato di sostenere la povera paziente per una mano mentre stava precipitando in un burrone, mentre il sudore delle nostre mani l’aveva fatta scivolare via nel vuoto sotto i miei occhi sbarrati. Ci è scappata dalle mani; l’abbiamo vista precipitare e ci siamo sentiti impotenti. Sono le 22.30. Il nostro umore è terreo. La donna giace esanime sulla barella della sala parto da cui non si era più mossa sin dal momento in cui alle ore 19 aveva dato alla luce il suo sesto figlio, che ora ci guarda e si succhia il dito, completamente ignaro del fatto che non vedrà mai la sua mamma e mai si allatterà al suo seno. Il libro di Giobbe dice. “Il Signore ha dato; il Signore ha tolto... sia benedetto il nome del Signore”. In questo momento però non riesco a pregare; non mi rimane che abbassare il capo ed accettare l’ineluttabile, soffocando l’inevitabile domanda “perchè?” a cui comunque non troverei una risposta. E’ successo! Abbiamo fatto tutto quello che potevamo, ma siamo stati sconfitti! Ha vinto la morte! Massimo mi ricorda che la mortalità peri-partum è un dato di fatto da accettare, e che non è zero neppure in Europa; questo dato numerico però non mi aiuta molto a sollevare il macigno che mi sento sul cuore. La defunta viene da un villaggio poverissimo del Tharaka. Mi aspetto che l’orfanello starà con noi qui in ospedale per un po’ di tempo, ma per ora non posso sapere niente perchè il marito non ha un numero di telefono.  Bisognerà aspettare che venga a trovare la moglie per dargli la terribile notizia che certo non si aspetta: ha un altro bambino, ma ha perso la sua dolce metà. Abbiamo salvato molte vite oggi, ma quest’ultima vicenda è una coltre di dolore che mi impedisce di gioire per le persone che abbiamo aiutato. La tragedia a cui abbiamo assistito manda nell’oblio tutti gli altri successi della giornata. Sono le 23 e sono seduto nel mio studio con Fr Giancarlo: sembra che entrambi non vogliamo andare a letto per timore di non prendere sonno o di avere incubi ingestibili. “Mi dispiace, Giancarlo, che il tuo sangue sia già andato sotto terra insieme a questa povera mamma... ma certo la carità che tu le hai fatto rimane, anche se poi il risultato finale è stato così deprimente”. “Non preoccuparti per il mio sangue. Mi dispiace molto per lei... ed anche per te che sempre porti il peso di queste morti”. “Se facevo economia e commercio, mi sarebbe successo molto meno”. “Già! Offriamo tutto al Signore e preghiamo per quella famiglia”. Fr Beppe Gaido
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Ad un millimetro dalla morte (Mon, 20 May 2019)
Abbiamo ricevuto Antony questa mattina. Era stato assalito poco prima da ignoti, dapprima con colpi di pietra alla testa e poi con una violenta pangata (o machetata) che gli ha aperto in due il padiglione auricolare e la parte destra del collo. In un altro dispensario era stato suturato alla bell'e meglio con una grossa garza dentro la ferita del collo a scopo compressivo ed emostatico...ma sangue rosso ciliegia fuoriusciva tra i punti. Lo abbiamo portato in sala, abbiamo fatto una anestesia generale ed abbiamo con prudenza aperto la ferita del collo. Un importante flusso di sangue ci ha investiti e siamo stati presi dal panico. Poi pian piano abbiamo ripreso la calma e siamo riusciti ad aver ragione del sanguinamento. Era un buchino di poco piu' di un millimetro sulla giugulare. Siamo riusciti a suturare il grosso vaso che sanguinava, anche se con molta difficolta'. Il resto del lavoro e' stato lungo ed ha richiesto una precisa ricostruzione del padiglione auricolare, ma ormai eravamo tutti tranquilli perche' il grosso sanguinamento era stato controllato. Fr Beppe
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Ripensando al Cottolengo (Sun, 19 May 2019)
Il nostro santo fondatore ha avuto momenti molto difficili nella sua vita, momenti di crisi profonda, anche dal punto di vista esistenziale e di fede. Per tre anni (dal 1825 al 1827) e' stato in preda ad una "notte dello spirito" che lo ha isolato dai confratelli e lo aveva portato ad uno stato di depressione. Sempre guardo al mio Padre Fondatore come modello e come ispiratore. In questo periodo mi sento in comunione con lui nella sua crisi interiore e nel suo smarrimento. Mi sento infatti un po' come lui. Da quella crisi e' comunque emerso un Cottolengo diverso, un santo, un eroe della carita' cristiana, un uomo donato ai poveri per amore di Dio. Diciamo che in questo momento non sono al massimo e che anche per me c'e' una notte dello spirito che mi sta provando molto: prego che questa mia crisi in qualche modo sia un passaggio doloroso ma anche fecondo, come lo e' stato per il Cottolengo. Spero di venirne fuori, rafforzato nella fede e nell'impegno di servizio, proprio come il Padre Fondatore. In questo periodo, ripenso al Cottolengo anche in un altro momento della sua vita, e cioe' a quando le autorita' sanitarie sabaude chiusero il deposito della Volta Rossa per paura del contagio durante l'epidemia di colera. Il suo ideale di servizio, la sua giovane opera, il suo sogno di donazione veniva distrutto. Ma il Cottolengo, rinvigorito nella sua fede dai tre anni di buio dello spirito, non si e' disperato. Ha continuato a sostenere i poveri a domicilio, nell'attesa di trovare un posto piu' confacente, dove ricominciare la sua opera...e due anni piu' tardi lo ha trovato fuori dalle mura cittadine, nella zona di Valdocco, dov'e' la Piccola Casa anche oggi. Interrogato dai primi collaboratori dopo la chiusura della Volta Rossa, il Cottolengo diceva che "essendo nato a Bra, lui sapeva benissimo che i cavoli vanno trapiantati, perche' crescano grandi e gustosi". Ogni volta che si chiude una porta, il Signore ne apre un'altra. Ogni volta che qualcosa finisce, qualcosa di piu' bello puo' ancora nascere. E' quello per cui prego ogni giorno, alternando sconforto, disperazione e speranza. Ma voglio credere in quello che i miei amici protestanti sempre mi ripetono: "God is in control!" Fr Beppe
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I cronici ed i terminali (Sat, 18 May 2019)
Sono sempre un problema in tutti gli ospedali, perche' sono in reparto per tantissimo tempo, non migliorano e non si rassegnano a tale situazione; richiedono attenzioni che ti sembra di non poter completamente esaudire, sia perche' diventano via via piu' esigenti conoscendo l'ambiente sempre meglio, sia perche' tu stesso psicologicamente ti senti via via piu' svogliato e trovi la scusa che gli acuti ed i nuovi arrivi hanno piu' bisogno di loro. Un cronico, come per esempio un paralizzato con ulcere da decubito, rischia di essere via via meno guardato e piu' trascurato anche a Chaaria. La situazione e' ancor piu' delicata con il malato terminale: molti di loro si difendono con una feroce negazione freudiana, per cui non riescono ad accettare il fatto che stanno morendo e che non c'e' niente da fare al riguardo. Vogliono sempre nuove medicine, e si lamentano se quelle che hai loro dato non li hanno fatti star meglio. A nulla vale ripetere loro la verita', perche' essi continueranno a costruire barriere di negazione sempre piu' elevate. Inconsciamente pian piano ti trovi ad evitarli; non li vuoi piu' visitare perche' non sai cosa dire e tantomeno cosa fare per loro. Non lo vuoi ammettere neppure a te stesso, ma pian piano emargini proprio quelli che sono i piu' poveri ed abbandonati. Gia'... l'abbandono! E' questa un'altra terribile dimensione che accompagna la sorte dei cronici, degli inguaribili e dei terminali a Chaaria. Appena riveli ai parenti una diagnosi infausta, senza possibilita' di cura o di miglioramento, essi spariscono completamente, e sovente scompaiono per sempre. Ecco quindi che questi poveracci sono disperati a causa di una malattia mortale o inguaribile; inconsiamente sono un po' lasciati da parte da noi membri dello staff, e piu' tragicamente ancora, sono buttati nella pattumiera proprio dai loro cari. Ecco quindi la triste realta' che cosi' sovente si verifica a Chaaria. I terminali normalmente muoiono soli, senza famiglia e senza il conforto dell'affetto dei propri cari. Con umilta' devo ammettere anche che piu' lungo e' il ricovero (qualcuno sta in ospedale per mesi prima che la morte se lo venga a prendere) e' piu' forte e' la nostra tentazione a tralasciarlo un po', ed a diminuire le attenzioni verso di lui. Umanamente e' comprensibile perche' questi sono proprio i malati che ti mandano in "burn out", ma spiritualmente e' inaccettabile perche' essi sono i piu' gravi ed i piu' abbandonati... quindi sono i piu' poveri. I cronici e gli inguaribili naturalmente sono per noi anche un enorme peso economico, in quanto e' ovvio che quelle famiglie che li hanno abbandonati nella "discarica" del nostro ospedale, poi certamente non verranno a pagare il conto, ne' tantomeno si presenteranno a reclamare il corpo. Ecco quindi l'estremo atto di abbandono: queste povere creature, distrutte dal cancro, da una paralisi, da una frattura alla colonna vertebrale o dall'AIDS, oltre che essere abbandonate durante gli ultimi mesi della loro vita terrena, vengono anche sepolti in una fossa comune dell'ospedale senza neppure un congiunto a dire una preghiera. Spesso me lo chiedo: ma dove sono i loro figli? E' questa tutta la riconoscenza che riescono ad esprimere per un genitore che li ha allevati e fatti studiare? Eppure e' una situazione cosi' frequente da essere ormai un copione! Gli inguaribili sono i piu' poveri tra i poveri di Chaaria: poveri di salute, poveri di affetto, spesso poveri di soldi, certamente poveri perche' derelitti e lasciati soli nel tempo piu' tremendo della loro vita. Dobbiamo quindi rinnovarci, riprendere coraggio e stare loro vicini almeno noi che siamo ormai la loro unica famiglia. Dobbiamo parlare con loro, ascoltare le loro lamentazioni, tentare anche qualche placebo, prendersi cura delle loro piaghe e della loro igiene. Che Cottolengo sarebbe Chaaria se noi non dessimo tutte le attenzioni possibili proprio e chi e' piu' povero ed abbandonato? Ammetto che personalmente faccio molta fatica con la medicina palliativa: trovo piu' facile avere in mano un bisturi, che stare ad ascoltare un morente per cui non so cosa fare; ma so che mi devo impegnare di piu' in tale aspetto, che ritengo centrale nella nostra spiritualita'. Fr Beppe Gaido
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Gli sciacalli di Chaaria (Thu, 16 May 2019)
Abbiamo ricoverato NN con due avambracci quasi amputati a colpi di machete. Questo è un trattamento che la giustizia popolare di qui solitamente riserva ai ladri. NN però giura di essere un bravuomo e sostiene che siano stati dei malviventi che lo hanno assalito e ridotto così. E' strano; pare che a Chaaria noi ricoveriamo soltanto i santi perchè non ci è mai capitato che una persona "pangata" accetti di essere egli stesso un malfattore. I cattivi sono sempre gli altri. Quando NN è stato portato a Chaaria, sanguinava profusamente. Non abbiamo chiesto molto della sua storia e gli abbiamo creduto. Per noi l'importante era salvargli la vita. Lo abbiamo operato subito, sistemando le ossa rotte e riparando i tendini recisi. NN è guarito bene, seppur dopo un lungo periodo post-operatorio, ma, con sorpresa di tutti non andava mai a casa: era dimesso da tempo ma continuava a stare in ospedale, sostenendo che i parenti sarebbero venuti a prenderlo l'indomani. Da un po' di settimane a questa parte ci eravamo però accorti che mancavano soldi qua e là in ospedale. Anche a me sono recentemente spariti 500 scellini che avevo nel cassetto del mio studio. Poi ieri sera lo abbiamo colto sul fatto; lo abbiamo beccato mentre faceva una cosa davvero disgustosa. Era appena morto un paziente nel reparto uomini, ed approfittando della confusione del momento, NN si è affrettato a frugare tra le cose del defunto e gli ha sottratto i pochi spiccioli che aveva. Sono stati gli altri pazienti a dare l'allarme ed a circondarlo in modo che noi potessimo arrivare e trovarlo con le mani nel sacco. Un crimine odioso, anche se la cifra sottratta era solo di 300 scellini, insieme ad un telefonino vecchio ed antiquato. Rubare in ospedale ed all'ospedale che ti ha accolto e curato gratuitamente quando stavi morendo dissanguato è già di per sè disgustoso. Rubare sul cadavere di un poveretto con cui hai condiviso la camera è, a mio parere, inqualificabile. Mi sono davvero arrabbiato con NN. Gli ho detto che ovviamente non credevo più ad una sola parola della sua versione iniziale... i fatti avevano dimostrato chiaramente chi fosse il ladro. Avrei voluto farlo sbattere in carcere (credo che se lo meritasse!) ma poi mi sono limitato a mandarlo fuori dall'ospedale all'istante: non ha pagato niente all'ingresso; non ha pagato niente alla dimissione, ma almeno ci togliamo di casa la mela marcia ed il ladruncolo che ci sta dissanguando. Il suo villaggio dista circa trenta chilometri da Chaaria, ma so che i soldi per il matatu ce li ha (avrà probabilmente una buona refurtiva... forse ha anche i miei 500 scellini) per cui non mi sento in colpa perchè a casa certamente non ci arriverà a piedi. L'unica cosa che mi consola in questa triste storia è che gli abbiamo restituito l'uso della mani. Fr. Beppe Gaido
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Il dramma comincia quando già hai aperto la pancia (Wed, 15 May 2019)
Anche ieri abbiamo avuto un addome acuto tremendo, ed ancora una volta ho perso cinque anni della mia vita nella tensione. Sempre ci sono le domande che ti poni: apro o mi astengo: è un addome chirurgico o medico? La mando in un altro ospedale? Ma cosa faccio se da questo ospedale lei già ci viene, e là non hanno riconosciuto la diagnosi e l’hanno dimessa? E poi, un addome acuto può essere di tutto: da banali aderenze che puoi lisare senza problemi ad un volvolo che semplicemente devi derotolare, ad una invaginazione che con pazienza riesci a risolvere. Ma, dopo aver aperto l’addome, è possibile trovarsi di fronte a delle anse necrotiche ed alla necessità di fare delle resezioni intestinali in emergenza. Oppure può essere una perforazione di ulcera peptica, o una perforazione ileale da tifo, e devi quindi essere pronto a delle rafie non semplici. Il caso di ieri per esempio alla fine era una brutta perforazione nei pressi della valvola ileo-cecale: di suturare semplicemente non se ne poteva neppure parlare, perche la sutura non avrebbe tenuto. Abbiamo quindi dovuto fare un’amputazione del cieco, una resezione ileale di 20 cm, con susseguente anastomosi ileo colica latero-laterale sull’ascendente. Ora speriamo vivamente che il post-operatorio non ci porti delle sorprese. L’emergenza intestinale per me costituisce tuttora il vero incubo e la spada di Damocle che sempre mi grava sulla testa. E stranamente sembra che tali complicazioni siano in aumento: forse si tratta di cambiamenti alimentari, o magari ciò è legato al fatto che la gente davvero si fida di noi e viene a cercare aiuto proprio qui. L’appendicite, per esempio, era una patologia praticamente a me sconosciuta nella Chaaria di dieci anni fa: ora l’appendicectomia (per lo più retrocecale e complicata) e un’urgenza più frequante della gravidanza ectopica. La perforazione intestinale da tifo segue a ruota l’incidenza della patologia appendicolare... per non parlare delle ulcere duodenali perforate, che pensavo ormai “estinte” dopo l’avvento degli inibitori di pompa, ed invece sono in aumento. E che dire della patologia tumorale del tubo digerente che è al momento in incremento esponenziale e ci richiede a volte operazioni palliative (come gastrostomie, digiunostomie, gastroenteroanastomosi), ed a volte chirurgia radicale molto impegnativa. Fr. Beppe Gaido
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Brandon (Tue, 14 May 2019)
Lo avevamo accolto a febbraio dopo che la mamma era morta in un altro ospedale durante il cesareo. La famiglia ci aveva chiesto di tenerlo per sei mesi, soprattutto in considerazione del loro stato di poverta'. Inaspettatamente hanno trovato ora una organizzazione che supportera' finanziariamente la famiglia, ed il papa' ha quindi richiesto di riprendersi il bambino. Noi ovviamente siamo stati felici di affidare il bimbo al genitore, soprattutto dopo aver appurato che ci sara' un grande supporto nella cura del bimbo da parte della organizzazione di sostegno. Auguriamo quindi anche a Brandon BUONA VITA!!! Fr Beppe Gaido
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