Giappone, proseguono le impiccagioni, segnale di assenza di leadership

Amnesty International - Junya Hattori, 31 anni, condannato a morte nel 2002 per lo stupro e l'omicidio di una ragazza di 19 anni, e Kyozo Matsumura, 31 anni, condannato a morte nel 2007 per aver ucciso due familiari, sono stati impiccati rispettivamente a Tokio e a Osaka. Dopo l'intero 2011 trascorso senza esecuzioni, quest'anno il Giappone ha eseguito già cinque condanne a morte. In attesa dell'impiccagione restano ora 130 prigionieri. Amnesty International si è detta rammaricata per il fatto che anche il nuovo ministro della Giustizia, Makoto Taki, nominato all'inizio di giugno, abbia autorizzato l'esecuzione di condanne a morte. Così facendo, sottolinea l'organizzazione per i diritti umani, le autorità giapponesi scelgono di trincerarsi dietro il sostegno dell'opinione pubblica piuttosto che dimostrare leadership impegnandosi verso l'abolizione della pena capitale.


Invita quindi “a superare chiusure e paure” per aprirsi “all’incontro con gli altri, anche se diversi da noi, riconoscendoci tutti membri di un’unica famiglia umana con un comune destino”. E’ necessario accettarsi e rispettarsi reciprocamente: “Nella sacralità della vita, nelle scelte della coscienza, soprattutto in materia religiosa e nella dignità di ogni persona. Siamo chiamati ad unire le nostre energie spirituali e materiali – ha aggiunto il presule - per collaborare, con fiducia e speranza, all’edificazione di società più giuste e solidali, che possano vivere in pace ed armonia”.

“Nel cuore di ogni essere umano e tra i popoli – osserva - si annida la tentazione dell’egoismo, della sopraffazione, del dominio, dell’accaparramento dei beni, spesso attraverso l’inganno, la violenza, la guerra. Tutti, credenti in Dio e persone di buona volontà, dobbiamo reagire a tale rischio ponendoci a servizio della pace, sostenuti dai valori spirituali delle nostre tradizioni”. Mons. Celata invoca dunque il dono della pace: “Gesù è la nostra pace; Gesù ci dona la vera pace” definendo "beati" i pacificatori “perché saranno chiamati figli di Dio”.

Oggi mons. Celata ha visitato anche il Museo della Bomba Atomica e partecipato alla Marcia per la pace ad Hiroshima.

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