Mali: rischio guerra civile, la gente scende in piazza per la pace

“L'opzione militare” nel Nord del Mali, da mesi sotto il controllo di gruppi fondamentalisti islamici, è “inevitabile”. Ad affermarlo è una fonte del governo del Paese africano, che denuncia terroristi e narcotrafficanti “mascherati dietro falsi propositi religiosi”.


 

Radio Vaticana - Al momento, la mediazione è affidata al presidente del Burkina Faso, Blaise Compaore, che ha incontrato una delegazione guidata dai membri del Mnla Movimento Ribelle che ha proclamato l’indipendenza dello Stato del territorio di Azawad (Nord del Mali). La popolazione del Sud, pur scioccata dalle notizie che giungono dal Nord, è scesa in piazza nei giorni scorsi per sostenere la via del negoziato, come sottolinea, nell’intervista di Fausta Speranza, l’africanista Angelo Turco, docente alla Libera Università Iulm di Milano:
R. – La gente a Sud, effettivamente, deve assorbire una dose di "intossicazione comunicativa" molto forte. Ci si può immaginare che circolano voci, idee di ogni tipo, anche perché le notizie che filtrano dal Nord non sono assolutamente controllabili. Quindi, ciò che si sa è sempre tutto molto approssimativo. Tuttavia, la gente del Sud sembra avere qualche idea chiara. La prima è che il Mali non si spezzetta. Quindi, c’è una forte determinazione a conservare l’integrità territoriale dello Stato, fatte salve le possibilità – che la politica finora non ha colto – di operare per la concessione di un’autonomia significativa alle popolazioni tuareg del Nord. Secondo aspetto è che vogliono il negoziato: la manifestazione che c’è stata l’altro giorno è una manifestazione per la pace. Quindi, questi propositi bellicosi che ogni tanto si sentono sostenuti da parte della Cedeao, l’Organizzazione regionale africana, da parte dell’Onu, da parte della Francia – recentemente in modo preoccupante – sono fuori luogo nella prospettiva che la maggioranza della popolazione del Sud intravede. Negoziato prima di tutto, dunque, capire bene chi sono gli interlocutori; capire bene che cosa vogliono e, in questa prospettiva, probabilmente bisognerà cambiare sia la metodologia della negoziazione sia anche le personalità coinvolte nella negoziazione



D. – Dunque, stiamo parlando di un processo nuovo, di una popolazione consapevole e soprattutto di una popolazione che, in un Paese africano, come il Mali, scende in piazza…

R. – Assolutamente! E’ un fatto nuovo, è un fatto molto, molto importante: si parla di 50-60 mila persone per le strade di Bamako, l’altro giorno, e questo rappresenta una presa di coscienza da parte della popolazione che, peraltro, nelle sue espressioni più colte, più tecnologicamente avvertite, interviene significativamente sui mezzi di comunicazione di massa, su Internet, per dire la sua e per esprimere il proprio augurio verso una soluzione non militare della crisi, ma negoziata.

D. – Al Sud, il governo centrale cerca di fronteggiare la situazione, ma è un momento di grandissima difficoltà per il Paese, al Nord accadono fatti gravi…

R. – E’ un momento di grandissima difficoltà, per il Paese. Le popolazioni del Nord stanno comprendendo sempre meglio che cosa significa la sharia: ricordiamoci che nell’Azawad, cioè nel Mali del Nord occupato da questo caleidoscopio di forze, finora c’è stata la lapidazione di una coppia convivente da lungo tempo, non sposata regolarmente, con figli, e il taglio di una mano ad un presunto ladro.

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