Chiesa e mass media, comunicatori di Verità

 

Papa Francesco ringrazia e incoraggia i giornalisti. “Avete lavorato, eh?”

 

 

di Paolo Fucili


Quando il successore di Benedetto XVI non aveva ancora né un volto né un nome, tra le mille curiosità sottoposte all’infaticabile padre Lombardi ci fu anche quella appunto del nome. Con quali criteri il Papa sceglie l’uno o l’altro? E perché, quando, dove?
 
L’ultima volta che il problema si è posto, la soluzione è stata relativamente facile. Sul far della sera di mercoledì, in Cappella sistina, i cardinali avevano appena votato la quinta volta, quella decisiva. Con lo spoglio delle schede la “cosa” si fa subito “pericolosa” per la fonte di queste rivelazioni, confortato dall’amico brasiliano cardinale Hummes, seduto accanto, a mano a mano che lo spoglio procede. Quando ancora mancano parecchie schede da conteggiare, la soglia dei due terzi dei voti necessaria all’elezione è già superata. “Non dimenticarti dei poveri”, sono le ultime parole dell’amico al Papa appena eletto. “E quella parola è entrata qui: i poveri, i poveri. Poi subito, in relazione ai poveri, ho pensato a Francesco d’Assisi…”.
 

 


I virgolettati son tutti dell’ultimo, imprevedibile discorso di Papa Bergoglio, all’incontro di stamane con giornalisti e operatori dei media che hanno raccontato al mondo gli avvenimenti vaticani delle ultime settimane. Non tutti cattolici né credenti, naturalmente, considerando la varietà di estrazioni, background, provenienze dei 6.000 accreditati da tutto il mondo. Circostanza che ha suggerito al Pontefice un gesto tanto inconsueto quanto apprezzato. “Imparto di cuore questa benedizione in silenzio”, si è congedato, “rispettando la coscienza di ciascuno, ma sapendo che ciascuno di voi è figlio di Dio”.
 

Delicatezza, simpatia, rispetto. Così Francesco ha conquistato alla grande quella rappresentanza cospicua e qualificata di comunicatori dei cinque continenti. Oltre a quel pizzico di umorismo ed improvvisazione che han fanno la gioia di tutti. “Avete lavorato, eh?”, ha domandato vagamente ironico, sollevando una risata generale. Poi il racconto improvvisato della storia del nome, come improvvisata del resto è stata la scelta. Dopo i poveri, “ho pensato alle guerre, e Francesco è l’uomo della pace … l’uomo che ama e custodisce il creato. In questo momento anche noi abbiamo con il creato una relazione non tanto buona, no?”. Ma Francesco, prima di tutto, è il poverello di Assisi. “Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri…”, ha sospirato scatenando un’autentica ovazione.
 

Tra le doti che papa Bergoglio ha già esibito in quattro sorprendenti giorni di pontificato, non ultima c’è l’indefinibile “capacità” di conferire come per magia un che di “lieve”, “spontaneo”, “umano” a qualunque cosa faccia o semplicemente ne parli. E i “fratelli” (non “signori”!) cardinali lo hanno evidentemente colto da subito. Altrimenti, sotto le volte michelangiolesche della Sistina, difficilmente qualcuno avrebbe avuto l’ardire di scherzare sul nome del Papa in quelle solenni circostanze. 

“Il tuo nome dovrebbe essere Clemente”.
 

“Ma perché?”
 

“Clemente XV: così ti vendichi di Clemente XIV che ha soppresso la Compagnia di Gesù…”.
 

A raccontarlo, naturalmente, non poteva essere che Papa Bergoglio, stamane, suscitando l’ennesima risata. Tanto che all’uscita dell’Aula nervi sembrava quasi incredibile, eppure chi c’era può testimoniarlo, che nessuno, commentando a caldo l’accaduto, avesse rilievi da muovere che suonassero anche solo vagamente critici. E non è poco, davvero, considerando la categoria in questione, dove c’è sempre chi ama distinguersi e attirarsi attenzioni parlando controcorrente dove pure controcorrente c’è poco da dire.
 



Categoria, peraltro, verso la quale il Papa argentino ha avuto parole decisamente inconsuete di attenzione ed apprezzamento, suonate non solo formali o “di circostanza”. Perché anche se non annovera solo santi o irreprensibili professionisti, come del resto tutte le altre, non di rado è screditata in blocco, agli occhi dell’opinione pubblica, per colpe solo di alcuni. Venendo al caso dell’elezione del Papa, non tutti i 6.000 cronisti del conclave hanno evidentemente letto e presentato gli eventi con un prospettiva appropriata, “quella della fede”. Inutile nasconderlo, ma papa Bergoglio è pronto a concedergli una solida attenuante: gli eventi ecclesiali, ha spiegato, “non è facile interpretarli e comunicarli ad un pubblico vasto e variegato”, dato che “rispondono ad una logica che non è principalmente quella delle categorie per così dire mondane”. Di qui, oltre al grazie cordiale per le fatiche di questi giorni, un amichevole invito a “cercare di conoscere sempre di più la vera natura della Chiesa e anche il suo cammino nel mondo, con le sue virtù e con i suoi peccati, e conoscere le motivazioni spirituali che la guidano e che sono le più autentiche per comprenderla”.
 

Chiesa e mass media potrebbero persino scoprire insospettabili vicinanze, è la serena convinzione con cui Jorge Mario Bergoglio è salito sul soglio di Pietro, e Dio volesse che sia davvero così, come augurio per il pontificato che inizia. Perché “il vostro lavoro necessita di studio, di sensibilità, di esperienza, come tante altre professioni, ma comporta una particolare attenzione nei confronti della verità, della bontà e della bellezza”. E “la Chiesa esiste per comunicare proprio questo: la Verità, la Bontà e la Bellezza in ‘persona’”.
 

 

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